Nell’articolo postato il 16/11/2016 dal titolo “Fabbrica recuperata e workers buyout sono la stessa cosa?” si è cercato di chiarire in modo semplice e concreto quali sono le differenze fra i due termini più usati, spesso in modo errato, per indicare le fabbriche chiuse e poi fatte rivivere dai propri lavoratori. La storia della Rational Speedy Wash di Massa che qui viene raccontata, invece, rappresenta in questo panorama qualcosa di ancora diverso. Una fabbrica sostanzialmente sana, che, a fronte di debiti, stipula un concordato di continuità con una banca, riuscendo così nel giro di quattro anni a saldarli quasi tutti. Però, a causa di un ultimo esiguo debito non ancora saldato, la banca decide di presentare istanza di fallimento …
E qui scatta l’orgoglio dei lavoratori, che, non volendo vedere la propria fabbrica e i propri posti di lavoro andare in fumo, prendono in mano il proprio destino e riavviano la produzione. Con l’aiuto delle istituzioni ora si cercherà di bloccare l’istanza di fallimento e di far continuare a vivere la fabbrica. Un bel segnale di orgoglio e volontà per tutti gli operai che affrontano la crisi. Mi vengono in mente tutte le fabbriche grandi e piccole che hanno chiuso o stanno chiudendo a Legnano, in particolare la Franco Tosi e mi chiedo cosa sarebbe successo se operai e impiegati avessero preso in mano il proprio destino come hanno fatto quelli della piccola Rational Speedy Wash.
Rino Lattuada
Il Fatto Quotidiano 26 marzo 2017
Lavoratori in autogestione, così riapre la fabbrica fallita. “Si può fare, compagni. Testa alta e viva la classe operaia”
A Massa, nel cuore dell’area di crisi apuana, una fabbrica ha riaperto grazie alla determinazione dei suoi 24 operai che hanno riacceso le macchine. Si tratta della Rational Speedy Wash, stabilimento nato nel ’56 che progetta, fabbrica e spedisce in Italia e all’estero lavatrici e altri macchinari per lavanderie. Nel 2013, per far fronte ai debiti, la proprietà aveva avviato il concordato in continuità con Banca Intesa e gli operai avevano accettato il contratto di solidarietà riducendosi le ore di lavoro e di conseguenza il salario. Quattro anni in cui la Rational era riuscita a saldare parte dei debiti, fino ad arrivare a chiudere in pareggio il bilancio dello scorso anno. Il concordato sarebbe dovuto terminare tra cinque anni ma la banca – che ha anche un’ipoteca sul capannone dello stabilimento per un valore di 2,5 milioni di euro – nelle scorse settimane ha deciso di presentare istanza di fallimento a fronte dei debiti residui della Rational: in totale trecentomila euro. “Alcuni operai piangevano ma ci siamo subito asciugati le lacrime e un minuto dopo ci siamo detti che la fabbrica non doveva chiudere – racconta Rinaldo Valenti, operaio della Rational – la prima macchina l’abbiamo fatta riaccendere al sindaco Alessandro Volpi”. La Regione Toscana ha fatto sapere che convocherà separatamente Banca Intesa e la proprietà dello stabilimento per cercare di bloccare l’istanza di fallimento. Nel frattempo alla Rational si continua a lavorare con l’orgoglio di aver mandato un segnale a tutti gli operai che affrontano la crisi: “Sì può fare”.
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