Di Luca Tateo –
Le donne e i diritti negati
Il 7 novembre è stato festeggiato il 103esimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, la prima grande rivoluzione marxista della storia dell’umanità o come la definì il suo leader, Vladimir Lenin, l’assalto al cielo. La rivoluzione bolscevica portò innumerevoli innovazioni sia sul piano della concezione del lavoro sia sulla parificazione dei diritti tra uomo e donna. Agli inizi del novecento la situazione nel mondo occidentale dal punto di vista dei diritti sociali e civili era tragica. I lavoratori non avevano nessun diritto sindacale, il lavoro minorile era la norma; per parto o malattia si perdeva il lavoro e se osavi ribellarti pagavi con il carcere o con la vita.
In sostanza la situazioni dei lavoratori e delle lavoratrice era quella di schiavi all’interno delle fabbriche o nei campi. Per quanto riguarda i diritti civili la situazione era per le donne ancor più tragica. Non era concesso a loro il voto, il divorzio e l’aborto, diritti che non erano minimamente presi in considerazione. Per quanto riguarda invece l’omosessualità in molti codici penali la sodomia era un reato e l’omosessualità neanche considerata.
Le donne nella rivoluzione Russa
All’interno del movimento socialista e marxista, però parlare di diritti sociali e civili non era una novità. Già nella Prima e soprattutto nella seconda Internazionale, acquista sin da subito rilievo la questione femminile e questo si evince sia dagli innumerevoli scritti di Marx ed Engels sulla famiglia borghese e sul ruolo della donna, sia dalla testimonianza di numerose partecipazioni alla vita politica delle donne nei partiti socialisti. Nella prima metà del novecento soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, uno dietro l’altro, i paesi occidentali incominciarono a concedere il voto alle donne, ma questo non si tradusse purtroppo in una acquisizione di maggior diritti da parte del mondo femminile. Una prova oggettiva è la mancata indipendenza dalla vita domestica a cui la maggior parte delle donne erano condannate. Nel 1917 con la rivoluzione, in Russia incominciò invece a cambiare qualcosa. Molte donne parteciparono attivamente alle armate rivoluzionarie e alla vita dei soviet, inoltre, durante i primi anni della rivoluzione, sotto la guida di Lenin, le donne ottennero molti diritti che nei paesi occidentali erano solo un lontano miraggio.
Il giorno dopo il compimento della rivoluzione, l’8 novembre 1917, il governo di Lenin introdusse il decreto della Pace e della Terra e stabilì che la terra era concessa a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso. La si può considerare una sorta di rivoluzione agraria, stabilendo che i proprietari delle terre non erano più i latifondisti ma chi le coltivava, indipendentemente dal fatto di essere donne o uomini. Successivamente il governo socialista introdusse nuove regole sul lavoro di fabbrica: innanzitutto le otto ore di lavoro giornaliero, con pause per la refezione, un giorno fisso di riposo settimanale, il diritto alle ferie retribuite e il divieto di lavoro al di sotto dei 14 anni. Fu inoltre approvato il decreto della Sicurezza Sociale, che forniva la protezione per le malattie, la vecchiaia, il parto e la vedovanza. In sostanza garantiva l’ottenimento dei sussidi per la pensione di anzianità e per vedovanza e la continuazione della retribuzione per malattia o il parto. All’interno del governo sovietico ci fu anche posto per la prima donna ministro o come fu chiamata dal governo “il commissario del popolo” con delega alla sicurezza sociale, il suo nome era Aleksandra Kollontaj.
La Rivoluzione e il diritto al divorzio
Sempre nei primi anni dalla rivoluzione fu approvato un decreto che introdusse il matrimonio civile – che divenne l’unico riconosciuto dalla legge – si legalizzò il divorzio e si tolse la distinzione tra figli legittimi e illegittimi, da quel momento in poi la prole veniva considerata allo stesso modo indipendentemente che fossero nati dentro o fuori il matrimonio. Nelle nuove leggi sul lavoro si assottigliò ulteriormente la distanza dei diritti tra uomo e donna: ogni professione poteva essere svolta da entrambi i sessi, il divieto del licenziamento delle donne in gravidanza e la parità salariale a parità di lavoro. Aleksandra Kollontaj, nel 1919, istituì lo Zhenotdel, “Dipartimento del lavoro fra le donne”.
Questo dipartimento oltre a proporre tutte le leggi spiegate prima sul nuovo diritto di famiglia, aiutò molte donne ad alfabetizzarsi e nello stesso anno, su proposta dello Zhenotdel, il commissariato presieduto dalla Kollontaj emise il decreto di legalizzazione dell’aborto. Questi dipartimenti risultano estremamente all’avanguardia se pensiamo che in Italia divorzio e aborto arrivarono solo alla fine degli anni ’70 dopo anni di dure lotte e due referendum sofferti ma vinti. All’interno dello Zhenotdel le donne discutevano anche di lavoro domestico, secondo la logica che non ci poteva essere una piena uguaglianza se le donne continuavano a essere schiave della dimensione domestica, ovvero della cura dei figli, degli anziani e delle pulizie. Per questo motivo si istituirono a prezzi molto bassi mense e lavanderie e cominciarono a sorgere i primi asili nido. Inoltre lo Zhenotdel fece introdurre una legge che dava alle donne la possibilità di assentarsi dal lavoro nei giorni del ciclo mestruale.
La Rivoluzione e le libertà sessuali
Durante i primi anni del governo socialista anche la sessualità entrò in agenda. Si incominciò a parlare liberamente di omosessualità. Questo si inserisce in un quadro storico ben preciso: la presenza di una sottocultura omosessuale nelle principali città dell’impero zarista può venire constatata sin dalla fine del XIX secolo. Furono Mosca e Pietrogrado i principali scenari in cui si svolse questo processo. L’abolizione della servitù della gleba nel 1861 e l’inizio dell’industrializzazione degli ultimi due decenni dell’Ottocento, indussero un gran numero di contadini a stabilirsi nelle città. Questi, senza legami famigliari affermati o indeboliti dalla distanza, si trovarono in un ambiente dove le norme sociali e morali erano meno rigide che nei villaggi da cui provenivano. Iniziò così a delinearsi la prima comunità omosessuale russa con codici e spazi che le erano propri. Bagni come luoghi di riunione, boulevard frequentati da omosessuali, circoli culturali di poesia dove erano a disposizione e letti, persino diari personali della nobiltà zarista.
Però solo nel 1918 con lo Zhenotdel e la Kollontaj vennero aboliti i reati di sodomia tra adulti imposti fino allora dal codice penale zarista. L’importanza di questo fatto non sta solamente nella conquista della principale rivendicazione degli omosessuali militanti, ma anche e soprattutto nel fatto che così facendo l’URSS ottenne socialmente e culturalmente un vantaggio civile di 50 anni sull’occidente. Ovviamente su questo tema ci fu molto dibattito nel mondo sovietico di quell’epoca, da una parte chi rivendicava una rivoluzione fatta anche di emancipazione basata sulla critica delle istituzione reazionarie come la chiesa e dall’altra chi definiva il sesso su una posizione solamente riproduttiva. La Kollontaj ovviamente era per la prima posizione.
Negli anni ’20 la Kollontaj stessa prese anche parte alla lega mondiale per la riforma sessuale e questo la legò molto alle campagne di liberazione omosessuale del mondo occidentale. Sorprendenti furono anche le parole del presidente dell’Istituto di Igiene Sociale di Mosca, Dott. Batkis, che in un articolo del 1923 sulla rivoluzione sessuale in Russia scrisse: “La legislazione sovietica non fa differenza tra l’omosessualità e il cosiddetto rapporto ‘naturale’. Tutte le forme di rapporto sono trattate come una questione personale. Il perseguimento penale viene attuato solo in casi di violenza, abuso o violazione degli interessi degli altri”.
La Rivoluzione e i diritti traditi
Negli anni ’30 purtroppo il nuovo governo di Stalin riportò “indietro brutalmente le lancette” dell’Unione Sovietica che fino ad allora era uno stato che si contrapponeva a qualsiasi tipo di repressione, sia lavorativa che di genere, che si poneva contro lo sfruttamento del lavoro, lo sfruttamento della donna e aveva dato vita ad una vera e propria rivoluzione sessuale. Stalin abolì la legge sull’aborto e lo Zhenotdel, reintrodusse il reato di sodomia e abolì molte altre leggi di migliorie su diritti sociali, civili e diritti delle donne.
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