Questo libro è stato fortemente voluto dal nipote del protagonista, che ha lo stesso nome Umberto Perotti, che purtroppo ci ha lasciati prima che potesse vedere realizzato il suo sogno. Si tratta di una piccola storia familiare al tempo della Grande Guerra, vissuta da Umberto Perotti, nativo di Roma e dalla moglie, Ida Meraviglia nativa di Canegrate. Umberto è discendente da una famiglia militare, che ha attraversato il periodo risorgimentale per arrivare all’Unità d’Italia, i suoi antenati sono stati premiati da Carlo Alberto nel 1843 e da Vittorio Emanuele II nel 1852, tutti appartenenti alle bande militari, di conseguenza anche Umberto è un appassionato di musica, intraprende la ferma militare nelle bande musicali dove suona la chitarra, il mandolino e il clarino. Dopo il matrimonio sarà direttore della banda indipendente di Castellanza.
La coppia vive a Legnano, dove avranno due figli, ma ormai siamo in un periodo in cui la prima guerra mondiale è iniziata, dopo una serie di vicissitudini, pur avendo già espletato gli obblighi militari Umberto parte volontario nel maggio del 1916 nonostante due bambini piccoli che in caso di morte sarebbero rimasti orfani. Nella decisione di partire pesa il litigio avuto con i colleghi di lavoro che gli hanno dato del “raccomandato” e “imboscato”, l’onore personale da difendere, la tradizione militare della sua famiglia e l’amore per la patria in pericolo.
Edizioni La Memoria del Mondo di Magenta (MI) – Novembre 2016 – 150 pagine, 16 euro. In collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Legnano.
Umberto nel momento della partenza non ha paura: è consapevole che va verso la guerra. Infatti il 20 maggio del ’16, poco prima della partenza, scrive il suo testamento delegando la moglie a tutrice dei figli e lasciandole la casa in cui abitano a Legnano. Nel periodo di militare non passa giorno che Umberto scriva alla moglie ai figli e agli zii. Tra gli orrori trascorsi nelle zone di guerra Umberto prende coscienza che la guerra è un abominio e come tutti ricerca un modo per poter rientrare a casa, sperando nelle licenze agricole. Incredibilmente la sua morte avviene un anno esatto dopo la partenza, il 17 maggio del ’17 nei pressi del Monte Santo, dove viene ferito da una scheggia di granata. Il giorno prima Umberto aveva scritto alla moglie e ai figli due brevissimi biglietti intrisi di affetto e angoscia per la fine che sentiva vicina.
L’annuncio della morte del marito getta Ida in una condizione di angoscia che non facciamo fatica a comprendere: senza marito, con due bambini piccoli, la necessità di continuare con il lavoro di maestra, la preoccupazione dell’avvenire della famiglia… Ma Ida ha caparbietà e tenacia da vendere e dopo il primo comprensibile tracollo psicologico prende in mano la situazione della famiglia consapevole del suo nuovo ruolo. Anticipando le leggi dello stato, Ida di tasca propria fa rientrare la salma del marito al cimitero di Canegrate. Nel 1920 Umberto, riportato in tutti gli elenchi di caduti per la patria, viene riconosciuto eroe e insignito della Croce al merito di Guerra. Il suo nome viene trascritto nella tomba dei caduti del cimitero di Legnano, di Canegrate e viene inserito nell’albo d’oro nei caduti di Vittuone.
Ida ha cercato di trasmettere l’amore per questi ricordi ai figli prima e ai nipoti poi. Ad alcuni di loro si deve questa carrellata di ricordi, raccolta in questo libro e voluta con la stessa costanza e tenacia di Ida, perché i “Ricordi miei che non devono andare distrutti” restino come un patrimonio morale alla famiglia e a tutti coloro che – a causa di guerre, il più delle volte inutili e ingiuste – si sono visti privare durante la propria esistenza degli affetti più cari.
L’unica speranza che auguro si possa trarre da questa lettura, è che mai più l’uomo debba rivivere una guerra come quella.
Dall’introduzione di Giovanni Pedrotti
AUTORE: Giovanni Pedrotti, legnanese, classe 1956, ricercatore storico, scrive articoli di storia locale per i notiziari delle Parrocchie del Santo Redentore e dei Santi Magi di Legnano. Appassionato della sua città e del suo passato è curatore e realizzatore della mostra Come eravamo del rione Olmina giunta alla sua quarta edizione.
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