di Luca Tateo –
“Il pomeriggio del 12 dicembre, in piazza del Duomo ce l’avete illuminato…” così recita la canzone “Luna Rossa” della Banda Bassotti e fu proprio così. Il 12 dicembre del 1969 poco dopo le 16:30 scoppiò una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura situata in piazza Fontana a Milano. Il 1969, sulla scia del sessantotto, fu l’anno del più grande “autunno caldo” di lotte e di scioperi che l’Italia ricordi dopo il secondo conflitto mondiale. Operai e studenti furono uniti negli scioperi, manifestazioni, presidi, occupazioni per ottenere nuovi diritti all’interno delle fabbriche e nelle scuole e università.
Questo periodo molto “scoppiettante” non era ovviamente visto di buon occhio dai padroni e dagli industriali italiani, sia perché gli scioperi essendo molto partecipati li vedeva costretti a trattare e a concedere molte richieste fatte dagli operai, sia perché l’Italia, paese occidentale, aveva una grande anomalia. L’Italia, pur essendo sotto l’ombrello della NATO, aveva il più grande partito Comunista dell’occidente che era il secondo partito a pochi voti dalla Democrazia Cristiana; inoltre in Italia vi era anche una considerevole forza delle sinistre extraparlamentari. L’Italia, oltre ad avere un “nemico” in casa, era un paese confinante con il blocco orientale e dal punto di vista geopolitico è sempre stata molto strategica. Per questo una forte presenza comunista preoccupava molto sia il governo italiano e sia gli Stati Uniti.
Durante gli anni ’60 e ’70 non solo le sinistre fecero sentire la loro forza nelle piazze, ma in modo più subdolo anche alcune forze della destra extraparlamentare quali il Fronte Nazionale, Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo e altri gruppuscoli eversivi.
Il 12 dicembre, in tutto il contesto di cui sopra, furono posizionate 5 bombe: 2 Milano e 3 a Roma. La bomba che ebbe l’impatto più devastante fu quella di piazza Fontana a Milano all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. L’esplosione avvenne alle 16:37, uccidendo 17 persone e ferendone altre 87. I feriti a Roma furono in tutto 16.
Per tutte e 5 le bombe vennero subito incolpati gli anarchici e in particolare il Circolo 22 marzo di Roma dove militava Pietro Valpreda e il Circolo Ponte della Ghisolfa a Milano dove, invece militava Giuseppe Pinelli. L’autore materiale fu identificato in Pietro Valpreda. Il 15 dicembre morì la diciottesima vittima della strage di piazza Fontana: Giuseppe Pinelli. Dopo il quarto giorno di interrogatorio, Pinelli precipitò dai locali della questura di Milano e gli inquirenti sostennero che la causa della caduta fu un malore mentre era alla finestra … Pinelli morì all’interno della stanza dove probabilmente in quel momento il commissario Calabresi non era presente, ma sicuramente c’era qualche poliziotto che lo stavo interrogando e come cantava Lolli “morì perché aveva capito l’inganno…” e di fatto il Pinelli, prendendo a prestito le parole della lapide affissa in piazza Fontana dagli studenti e di democratici milanesi, fu “ucciso nei locali della questura di Milano”.
Ancora la morte di Giuseppe Pinelli rimane un mistero ed è ancora segreto di stato. Nel 2005 fu riaperto il caso della strage di piazza Fontana e furono condannati come mandanti Franco Freda e Giovanni Ventura, due fascisti facenti parte del gruppo di Ordine Nuovo. La strage di piazza Fontana fu l’inizio della strategia della tensione, strategia che si basa su una serie preordinata di atti terroristici, volti a diffondere nella popolazione uno stato di tensione e di paura, tali da far giustificare o auspicare svolte politiche di stampo autoritario.
Questo periodo è stato caratterizzato dalla commistione di un terrorismo neofascista (strage di piazza Fontana, il treno Italicus, piazza della Loggia a Brescia, la stazione di Bologna…) molto violento e stragista e da un mai chiarito terrorismo di Stato, sostenuto da alcuni settori militari e politici, che intendevano attuare un colpo di stato in funzione anticomunista, specialmente dopo il movimento del Sessantotto e l’autunno caldo.
Molti di questi atti terroristici furono organizzati con la complicità del Principe Junio Valerio Borghese, fondatore nel 68 del gruppo eversivo Fronte Nazionale e precedentemente militare repubblichino comandante della X flottiglia Mas. Tale terrorismo si espresse soprattutto in stragi rivolte senza alcun apparente movente contro cittadini inermi e contro gruppi di antifascisti e militanti di sinistra. Secondo molti il terrorismo di stato fu anche sostenuto da una forza paramilitare occulta di nome Gladio, forza nata in funzione anticomunista promossa dalla NATO e organizzata dalla CIA e che dagli anni ’90 fu riconosciuta e ammessa sia da molti esponenti missini sia dal democristiano Giulio Andreotti che da Francesco Cossiga. L’atto finale della strategia della tensione fu la strage alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, in cui perirono 85 persone e 200 feriti. La guerra fredda era arrivata al suo stato finale e l’Unione Sovietica si preparava ad essere un glorioso ricordo.
Concludo con un testo di Pier Paolo Pasolini del 1974 perché tutto quello che è successo si sa, ma purtroppo non si hanno le prove e molto è ancora segretato dallo stato.
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del vertice che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli ignoti autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. (Pier Paolo Pasolini)
Istituto Luce – filmato d’epoca
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