A cura di Giuseppe Marazzini –
Chi percorre abitualmente la statale del Sempione da Legnano a Busto Arsizio, passando da Castellanza, non può non vedere quello che è rimasto del grande complesso chimico ex Montecatini-Montedison. Il sito, con attività notevolmente ridotte, attualmente è di proprietà di altre società. L’insediamento produttivo risale alla fine del XIX secolo.
Le ditte che nel tempo si sono susseguite sono:
fino al 1900 la ditta Ignazio Siles;
1906 – SA Italiana prodotti chimici Candiani e Girardi;
1911 – SA Ligure Lombarda Prodotti Chimici;
1920 – SA Nitrum Ligure Lombarda Prodotti Chimici;
1928 – SpA Montecatini;
1965 – Spa Montecatini-Edison;
1989 – ENIMONT-AUSIND SpA (società controllate dalla Montedison).
Dalla fine degli anni del 1970 in poi, iniziò una serie di cessioni che hanno modificato l’assetto proprietario del sito.
Il 4 novembre 1943, lo scoppio di una bombola di ossigeno uccide 8 operai, tre all’istante, tre moriranno dopo poche ore presso l’ospedale di Busto Arsizio, mentre altri due moriranno in seguito per le ferite riportate, un ragazzo di 14 anni una decina di giorni dopo, l’ultimo a gennaio 1944. Tutti gli operai deceduti lavoravano presso il reparto di saldatura autogena e forgiatura.
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La cronaca del funerale da La Prealpina del 7 novembre 1943: “con larga partecipazione di popolo, autorità, lavoratori, sono seguite nel pomeriggio di ieri le estreme onoranze funebri alle salme dei sei operai che hanno trovato tragica morte a seguito del gravissimo incidente verificatosi in un opificio della zona, per l’avvenuto scoppio di una bombola di ossigeno. Il lungo corteo funebre muovendo dalla camera ardente allestita presso il cimitero di Castellanza ha percorso le vie del centro, fra due fitte ali di popolo in commosso raccoglimento, verso la chiesa ove alle sei salme è stata impartita la solenne assoluzione. Quindi le salme sono state fatte proseguire per i rispettivi paesi di destinazione, ove, in serata sono state tumulate. I solenni funerali si sono svolti a spese della ditta”.
Gli operai uccisi dallo scoppio della bombola 131:
- Fusetti Giulio, di anni 40 – nato a Legnano
- Rigo Enrico, di anni 64 – nato a Canegrate
- Rogora Giuseppe, di anni 41 – nato a Legnano
- Alfidi Giuseppe, di anni 47 – nato a Castellanza
- Moroni Giacomo, di anni 18 – nato a Villachiara (BS)
- Moroni Ezio, di anni 14 – nato a Castellanza
- Porro Mario*, di anni 14 – nato a Marnate
- Malgrati Luigi**, di anni 50 – nato a Passirana
*il Porro muore il 15 di novembre all’ospedale di Busto Arsizio dopo aver subito, nel tentativo di salvarlo, l’amputazione della gamba destra, l’amputazione dell’avanbraccio destro e l’asportazione di schegge ossee dalla volta cranica.
**il Malgrati muore, dopo sofferenze immani, il 29 gennaio del 1944.
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I feriti:
- Mauri Giovanni, di anni 18 – nato a Cislago
- Scandroglio Riccardo, di anni 35 – nato a Legnano
- Banfi Francesco, di anni 58 – nato a Saronno
Le indagini e le perizie.
Il 5 di novembre il Maresciallo dei Carabinieri di Castellanza redige il rapporto giudiziario circa la morte e il ferimento degli operai coinvolti dallo scoppio, “in seguito ad infortunio sul lavoro”. Il Maresciallo stesso si dichiara testimone dell’accaduto, infatti dal rapporto emerge, che per ragioni di servizio, il 4 novembre, verso le ore 14, stava entrando nello stabilimento.
“… Verso le ore 14 di ieri, allorché lo scrivente si accingeva ad entrare, per ragioni di servizio, nei locali dello stabilimento Montecatini di Castellanza, sentiva una forte esplosione per cui ha avuto subito la netta sensazione che qualcosa di grave fosse accaduto. Notava, infatti, che dal vicino reparto saldatura e forgiatura, da diverso personale, preso da vivo panico, venivano trasportati a braccia tre cadaveri … .
Il sottoscritto, quindi, dapprima si dava a prestare il necessario aiuto e poscia provvedeva alla rimozione dei tre cadaveri alla camera mortuaria del vicino cimitero. ——————————–
Iniziate le indagini sui motivi che determinavano la grave sciagura, lo scrivente poteva accertare che una bombola (non due come in un primo si presumeva) di ossigeno si trovava bene collocata nel suddetto reparto dove si trovavano pure circa 14 operai i quali procedevano tranquillamente al loro normale lavoro. Lo scoppio della bombola stessa provocava, inoltre, il crollo del tetto dell’officina, di tutte le tegole, del lucernario e la rottura completamente dei vetri, nonche’ lo scardinamento delle porte e delle inferriate. ——————————————————–
Si procedeva, intanto, al sequestro dei pezzi di rottami rimasti della bombola e custoditi a disposizione dell’autorità giudiziaria. Tale sequestro ritenuto indispensabile in quanto il sottoscritto ha potuto constatare che uno dei detti pezzi presenta una incrinatura talche’ si potrebbe attribuire lo scoppio al fatto che la bombola in parola fosse lesionata senza che nessuno dei tecnici della Montecatini se ne potesse accorgere dato che, come di consueto, tali ordigni non vengono controllati perché più volte verificati nei depositi prima che si trasportino in stabilimento e si collochino in officina.
È stato stabilito che la ripetuta bombola, segnata col numero 131, venne prelevata il mattino del 4 corr. Dal deposito S.A.P.I.O. (Produzione di Idrogeno e Ossigeno) sito in via Torquato Tasso N.49 Busto.——————–
Il locale dove è avvenuto il sinistro è tuttora immutato in attesa di eventuale perizia che l’autorità competente volesse ordinare.——————————-
Come si vede trattasi di puro caso fortuito.—————————————— Si esclude, in maniera assoluta, l’ipotesi di una eventuale atto di sabotaggio”.
L’8 novembre del 1943 il Tribunale di Busto Arsizio nomina l’ingegnere Spina, della ditta Ercole Comerio di Busto Arsizio, consulente tecnico. Purtroppo la perizia di Spina non ci è stato possibile rintracciarla, ma in una lettera della Montecatini, inviata a lui stesso, traspare che lo causa dello scoppio della bombola potrebbe essere dovuta alla corrosione.
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Nel frattempo l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Busta Arsizio apre un procedimento penale contro Milani Luigi, capo officina della ditta S.A.P.I.O.: “per avere, non assicurandosi sul funzionamento di una bombola d’ossigeno, provocato lo scoppio della medesima e conseguentemente, per colpa, la morte di …”
Stralcio delle deposizioni dei testimoni e dell’imputato: “la bombola n.131, una volta prelevata dal deposito SAPIO, è stata portata nello stabilimento alle 13,35 e messa subito in funzione” (deposizione dell’ing. Mario Strada, di 38 anni, direttore tecnico della Montecatini).
“La bombola 131 è stata acquistata dalla ditta SAPIO, mi pare, nel 1931, in una asta giudiziaria presso questo tribunale, apparteneva prima certamente alla ditta SPOI (Società Produzione Ossigeno Idrogeno) degli ing. Garuti e Grampa, detta ditta ora è fallita. La SAPIO succede alla SPOI e un anno dopo (1932) la bombola viene rimessa in funzione – il certificato di controllo mancante (del 1937) perso, oppure non esiste perché la bombola era inattiva – non so quale ditta l’aveva rimandata scarica – per disposizioni interne della SAPIO non è stabilito un controllo periodico delle bombole. Ci si attiene soltanto a disposizioni di normale prudenza per cui se una bombola presenta una qualche deformazione o difetto viene scartata. L’addetto alla carica prima di caricare la bombola ne esegue un’ispezione ad occhio. I pesi sono già forniti dalla SAPIO su una tabella ordinata secondo la progressione delle bombole, non tutte le bombole sono ripesate dai collaudatori i quali soprattutto per quelle di più recente fabbricazione si fidano dai dati forniti dalla SAPIO”. (Milani Luigi capo officina della SAPIO).
Deposizione di un collaudatore dell’ANCC: “nel 1937 la 131 non è stata revisionata”.
Dalla relazione tecnica dell’ingegnere Grampa si evince che la bombola era appartenuta alla CORPO CAVI la quale cessò l’attività nel 1927, probabilmente forgiata nel 1920-21, mentre l’operazione di accorciamento, con rifacimento dell’ogiva inferiore, fu eseguita, forse, dalla stessa CORPO CAVI. La vicenda si trascina fino a settembre 1945 quando il Milani, forse anche per lo stato di disorganizzazione dei tribunali dopo la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, fu amnistiato. Alcuni dei congiunti delle vittime testimoniarono che la Montecatini indennizzò le famiglie con duemila lire. Solo la moglie di un operaio ucciso osò sollevare, davanti al giudice, un’obiezione che se accolta avrebbe dato la possibilità di individuare i responsabili dell’accaduto: “come mai la bombola venne depositata nel capannone e non fuori, all’aperto, a distanza di sicurezza, così da evitare una tragedia di tale portata?”
Dopo la bombola 131 la serie degli infortuni mortali continuò fino al 1989.
Nel 1945, il 21 marzo, rimane ucciso Mara Giovanni, probabilmente schiacciato da un carrello ferroviario.
Nel 1967, il 16 marzo, l’operaio Tognella Giuseppe, dipendente della ditta appaltatrice Electron di Milano, rimane ucciso colpito al capo da un chiodo di rimbalzo sparato con una pistola sul muro di cemento di un impianto chimico in costruzione.
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Nel 1967, il 6 settembre, un tecnico di laboratorio ed un operaio vengono seriamente feriti per uno scoppio di una provetta all’interno di un laboratorio del centro ricerche. Il ferito più grave è Luigi Mara, figlio del Mara Giovanni morto nel 1945. Mara, perito chimico di 27 anni, perde entrambe le mani. Mentre l’operaio Ghidotti Angelo, di 35 anni, perderà un occhio.
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Nel 1968, il 13 agosto, per uno scoppio che fa volare via una pesantissima lastra di metallo in cima alla colonna di concentrazione alta 18 metri, dell’impianto Metanolo, rimangono uccisi due operai e due rimangono feriti, tutti dipendenti dell’impresa appaltatrice F.lli Delfino di Milano. Persero la vita Stefanuzzi Luciano di 24 anni, nativo di Noali (Venezia) e Rampin Pierino di 26 anni, nativo di Padova.
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Nel 1971, mese di luglio, Michele Della Torre di 25 anni cade improvvisamente da una altezza di 15 metri e muore sul colpo. Il Della Torre stava lavorando su una capriata di un nuovo capannone per l’ampliamento dell’impianto Aminoplasti (Resine Ureiche). Il Della Torre era dipendente dell’impresa ZANOTTI di Marone (Brescia) che operava in subappalto per conto dell’impresa GAMA, impresa, che in base al contratto con la Montecatini non poteva subappaltare, salvo autorizzazioni però mai chieste. All’epoca dell’accaduto operava già da tempo il Consiglio di Fabbrica al cui interno era stata organizzato un gruppo di prevenzione per la salute e la sicurezza sul lavoro, questo gruppo denunciò l’esistenza della pratica del subappalto senza controllo e diverse decine di infrazioni alle norme di sicurezza sul lavoro.
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Nel 1977, il 22 febbraio, l’operaio Montebello Mario del reparto Pentaeritrite rimane ucciso cadendo, dopo un volo di 5 metri, sopra un serbatoio sottostante ad una botola. Il Montebello svolgeva la mansione di operatore esterno e seguiva varie apparecchiature dell’impianto. Ad un certo momento notando che il manicotto in gomma di alimentazione di una centrifuga per il formiato si era staccato, si dirigeva verso la perdita per accertarsi del guasto. Nel frattempo, il formiato fuoriuscito aveva inondato parte della pavimentazione proprio vicino ad una botola. Il Montebello cadendo sopra il formiato fuoriuscito, sostanza sdrucciolevole, scivolava verso la botola alla quale poco prima degli operai di una impresa appaltatrice, senza nessun preavviso, avevano tolto il parapetto di sicurezza.
Il Consiglio di Fabbrica ricostruì puntualmente la dinamica dei fatti e collaborò alle indagini con la Procura di Busto Arsizio.
mappa caduta Montebello
I compagni di lavoro del Montebello e tutti gli altri reparti della fabbrica, in segno di solidarietà alla famiglia raccolsero e consegnarono oltre due milioni di lire.
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Nel 1982, il 3 agosto, l’operaio Racis Rosario dell’impresa EFFEGI veniva colpito da forti getti d’acqua ad alta pressione e dopo un’ora dal fatto muore all’ospedale di Legnano. I lavoratori di tutti i reparti della fabbrica, raccolsero e consegnarono in segno di solidarietà alla famiglia Racis, oltre un milione di lire.
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Nel 1989, il 9 agosto, un giovane operaio, Borsani Giuseppe di 18 anni, dipendente dell’impresa SICES, rimane ucciso sul lavoro travolto da un muletto.
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Fonti e materiale consultato:
- Archivio Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro O.d.V. – Castellanza (VA);
- Archivio privato G. Marazzini – Legnano (MI);
- La Prealpina del 05/11/1943 e 06/11/1943;
- La Prealpina del 17/03/1967;
- La Prealpina del 07/09/1967 e 08/09/1967;
- Il Giorno del 07/09/1967;
- Il Giorno del 14/08/1968;
- La Prealpina del 14/08/1968;
- L’Unità del 09/07/1971;
- La Prealpina del 09/07/1971;
- La Prealpina del 24/02/1977;
- Il Manifesto del 04/08/1982;
- La Prealpina del 05/08/1982;
- Corriere della Sera del 11/08/1989.
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