Di Redazione – Nadia Terranova: «Ci sono degli argomenti di cui non si può parlare». La scrittrice: «La redazione di Raitre mi aveva invitata a scrivere un monologo sul senso classico della Hybris. L’ho fatto, ma il testo non è stato reputato adatto alla puntata».
Mario Di Vito – 21/04/2024 Il Manifesto
Nadia Terranova, anche a lei avrebbe dovuto fare un monologo alla trasmissione di Raitre «Chesarà …». Come sono andate le cose?
La redazione mi aveva invitata a scrivere un monologo, che io stessa avrei dovuto leggere, in cui avrei dovuto declinare nel presente, e precisamente nelle parole della politica, il senso classico della Hybris. L’ho fatto, ma il testo non è stato reputato adatto alla puntata. Tutto qui.
Secondo lei come mai è successo?
Non voglio farne un caso personale, del resto il mio non è l’unico episodio di questo genere accaduto negli ultimi tempi. È il clima generale che dovrebbe preoccupare.
Lei ha collaborato a diversi programmi della Rai, in radio. Prima di questo episodio le era mai accaduto qualcosa del genere?
Mai. Ho lavorato per diverse trasmissioni radiofoniche della Rai e nessuno ha mai avuto a che ridire sui miei testi, né ho avuto la sensazione che ci fossero pressioni di qualsiasi genere: ho sempre potuto lavorare bene e con grande libertà. Per questo sono rimasta abbastanza stupita quando mi è stato chiesto di cambiare il mio monologo.
Questa volta si è posto un problema di temi, sembra di capire. Erano i giorni delle cariche della polizia contro gli studenti a Pisa, un caso che ha portato addirittura il presidente Mattarella a intervenire…
Evidentemente ci sono dei temi di cui è meglio non parlare. Io l’ho sperimentato con il mio monologo sulle cariche agli studenti di Pisa, ma come vediamo non è l’unico caso.
Che idea si è fatta di tutti questi episodi? Non solo il suo, ma anche quello di Scurati, per esempio. O la querela a Canfora, la polemica sull’ultimo libro di Valentina Mira…
A me sembra che quasi ci si aspetti una forma di autocensura. Quando ho raccontato questa vicenda alle persone che conosco mi è stato detto: be’, ma che ti aspettavi?
E?
E mi sembra terribile. Come se si desse per scontato che si possa essere scomodi ma solo fino a un certo punto. Ecco, per paradosso, quasi preferisco chi è dichiaratamente servile a chi accetta di essere scomodo ma solo un po’.
Il potere fisico e i ragazzi di Pisa
NADIA TERRANOVA. Lo sparviero, l’usignolo e il potere di chi governa
Adesso narrerò un apologo ai giudici. Uno sparviero, dopo aver ghermito un piccolo usignolo variopinto, lo trascinò in alto fra le nubi, e quello, trafitto dagli artigli ricurvi, piangeva di dolore. Allora lo sparviero gli disse: «Infelice, di che ti lamenti? Sei preda di uno più forte di te; dove ti porto io, tu andrai, anche se canti; ti divorerò o ti libererò a mio piacere. Stolto è chi combatte i più forti: non riporterà alcuna vittoria e, oltre al danno, dovrà subire la beffa».
L’apologo dello sparviero e dell’usignolo è la prima favola della storia della letteratura occidentale. Si trova nelle Opere e i giorni di Esiodo, un poema del settimo secolo a. C., ed è curioso che la favola sia anche una delle prime riflessioni della nostra civiltà sulla Hybris, la tracotanza, che tanta parte avrà nel mondo classico.
Il potere, si evince dalle parole di Esiodo, è innanzitutto un potere fisico: il più forte, il più grosso, colui che ha più armi – in questo caso, gli artigli – tiene in scacco in più debole.
Partendo da qui, da una storia per bambini, la Hybris diventò nel mondo classico la più disdicevole delle violazioni: abusare di una carica, agire dentro un dislivello politico era un peccato disonorevole, la rivelazione dell’incapacità di essere all’altezza del proprio ruolo.
Il dovere dell’uomo che governa, proprio in virtù della propria carica divina, è ergersi al di sopra degli istinti e delle passioni proprie del piano umano.
Nella Politica, Aristotele elenca i comportamenti che i tiranni devono evitare per non cadere nella Hybris, e ne individua due in particolare: percuotere i sudditi e abusare della loro giovinezza.
Monica, madre di uno dei ragazzi colpiti durante la manifestazione in difesa della Palestina a Pisa, ha risposto ai giornalisti che chiedevano se avrebbe accettato delle scuse. È con le sue parole che voglio concludere.
“A me delle scuse importa fino a un certo punto. Voglio che queste cose non succedano più. Un’amica di mio figlio è rimasta in osservazione per un trauma cranico, un altro è stato colpito all’addome e aveva sangue nelle urine, si temeva un’emorragia interna. Stiamo parlando di ragazzini, li hanno curati in pediatria”.
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