Giovedì 10 maggio 2018, presso la sede della CGIL di Legnano, si è tenuto un evento avente come tema i diritti delle persone LGBT in ambito lavorativo e organizzato, da Altomilanese LGBT, CGIL Ticino Olona e Rose di Gertrude. Nel mese di maggio si celebrano 2 ricorrenze importanti: la festa dei lavoratori e delle lavoratrici, il primo maggio, e la giornata mondiale contro l’omobitransfobia, il 17 maggio. Mondo sindacale e mondo LGBT, “spesso considerati diversi”, in realtà sono molti vicini e in sovrapposizione, essendo composta la società, e quindi la classe lavoratrice stessa, anche da persone omosessuali, bisessuali e transessuali. Soprattutto nel ‘900 i diritti civili venivano visti in contrapposizione con i diritti sociali e questo portò a un progressivo allontanamento delle organizzazioni sindacali dal variegato movimento LGBT.
Negli anni ’70 e negli anni ’80, negli Stati Uniti e in Inghilterra, iniziavano delle timide collaborazioni tra movimento Gay e sindacati. Nella seconda metà degli anni ’70 a San Francisco, ad esempio, il sindacato organizzò un boicottaggio di un’azienda che vendeva birra e che non rispettava i diritti dei lavoratori, in quell’occasione tutti i bar di Castro (quartiere gay di San Francisco) boicottarono la vendita di quella marca di birra.
Negli anni ’80 in Inghilterra durante il governo di Margareth Tatcher, ci fu un sostegno da parte di un gruppo di Lesbiche e Gay alle lotte sindacali dei minatori; da quel momento in poi i minatori parteciparono al Gay Pride di Londra e dichiararono nello statuto del sindacato dei minatori la volontà di lottare per i diritti LGBT. In Italia, negli ultimi anni, il sindacato italiano, soprattutto la CGIL, ha iniziato a collaborare con il movimento LGBT per eliminare le forme di discriminazioni all’interno del mondo del lavoro. Inoltre da molti anni i sindacati partecipano ai vari Pride che percorrono la penisola. Ci sono molte forme di discriminazioni nel mondo del lavoro ai danni delle persone LGBT, a partire dalla ricerca del lavoro stesso, fino alla tutela di un lavoratore effettivo.
Le discriminazioni ai danni di un/a lavoratore/lavoratrice sono identificate nel Decreto Legislativo n° 216/2003 che identifica le discriminazioni in 2 gruppi:
- Discriminazione Diretta: quando sulla base di una determinata caratteristica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga. Ad esempio: se un datore di lavoro non riconoscesse l’aumento di stipendio ad un lavoratore a causa del suo orientamento sessuale, mentre un altro lavoratore nella sua stessa condizione ottenesse l’aumento, saremmo di fronte ad una discriminazione diretta; se una persona transessuale non venisse assunta in quanto transessuale ci troveremmo nella stessa situazione.
- Discriminazione Indiretta: quando una disposizione, un criterio o una prassi, apparentemente neutri, mettono in una posizione di particolare svantaggio le persone di un determinato gruppo. Ad esempio: concedere avanzamenti di carriera o permessi o agevolazioni solamente alle persone sposate esclude le persone LGBT che prima della legge Cirinnà non potevano contrarre nessun tipo di unione.
I lavoratori e le lavoratrici, in caso di discriminazione diretta o indiretta, possono rivolgersi al giudice del lavoro o al sindacato per la cessazione del comportamento lesivo. Il giudice inoltre può anche prevedere un risarcimento patrimoniale per la persona lesa. Ci sono altre forme di discriminazioni come il Mobbing che consiste in pressioni, offese, minacce o atteggiamenti mirati ad intimorire ingiustamente un dipendete. Il Mobbing può anche consistere in forme di esclusione o immotivata marginalizzazione, ovvero allo svuotamento di mansioni ai danni del/la lavoratore/trice. Il Mobbing non rientra nelle casistiche del D.Lgs. 216/2003 ma il legislatore lo assimila alle molestie già contemplate in altre leggi.
Anche nello statuto de lavoratori ci sono articoli volti a condannare i comportamenti discriminatori:
- Art.8: avente come tema il divieto di indagine sulle opinioni nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore;
- Art.15: che vieta atti o patti discriminatori in ragione al sesso (applicabili anche alle persone transessuali) e dell’orientamento sessuale.
Purtroppo né sindacati né giudici del lavoro, se la situazione di discriminazione non è provata, possono fare molto ma una buona pressione da parte dei sindacati e una certezza della condanna da parte del giudice del lavoro possono sicuramente mitigare la possibilità che atti discriminatori siano commessi da datori di lavoro o colleghe/i.
Il lavoro che svolge il sindacato per tutelare dalle discriminazioni le lavoratrici e i lavoratori è di capitale importanza ma altrettanto importante è il lavoro culturale che bisogna assiduamente svolgere nella società. Anche i sindacati devono quindi assumere un ruolo attivo nel combattere culturalmente le discriminazioni e nel promuovere una cultura laica, progressista e rispettosa delle diversità e delle minoranze.
Luca Tateo
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